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Alcuni reparti della XIV Armata
austro-tedesca, scesi da sella Foredôr, alle 19.30 del 29 ottobre 1917
presero possesso
di Gemona, dopo aver superato la debole resistenza di reparti italiani
inviati in zona del generale Rocca e che, respinti, ripiegarono
precipitosamente lungo il Glemine, ove vennero poi presi prigionieri dagli
austriaci che avanzavano
da Tarcento. La foto mostra un accampamento genericamente ubicato "a
norddi Gemona".
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In questa cartolina prodotta dagli
austriaci si nota sul muro a destra, alla base della"officina" che dal
1906 fornì
l'energia elettrica al centro di Gemona, la segnalazione "Zun K.i. l.
Etp. St. Kdo", cioè
"Per l'Imperial - Regio Comando della Stazione di Tappa".
La foto è successiva al 15 marzo 1918, quando, con sollievo della
popolazione, al comando tedesco subentrò quello austriaco,
che ebbe la sua sede prima a Villa Celotti, all'inzio della attuale via
Bersaglio e poi nel Palazzo Pontotti,
su cui sedime sorge oggi Palazzo Scarpa, ex sede della Banca Popolare di
Gemona.
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La cartolina è stata spedita il 19
febbraio 1918 e raffigura Piazza Vittorio Emanuele II, ora Piazza
Municipio,
con civili e militari in posa. Al centro, ancora, con l'insegna originale
della farmacia "Alla Madonna" del dott. Montanari,
poi del dott. De Clauser. Una fotografia di qualche mese dopo, che
riprende la stessa piazza, mostrerà una nuova scritta con la scritta "K.u.K.
DISTRIKTS APOTHEKE- farmacia distrettuale".
sia prima che poi la disponibilità di medicinali resterà comunque ben
scarsa.
Si intravedono a
sinistra l'albergo "Stella d'Oro", poi la fine di via San Giovanni (ora
scomparsa dopo la ricostruzione in seguito ai danni del terremoto del
1976), sullo sfondo via Cavour la pensilina a colonnine di ferro
verniciato del Caffé Falomo e appena oltre la loggia del Municipio
(Palazzo Boton) l'insegna del negozio di Giuseppe De Carli con la scritta:
"FERRAMENTA OREFICERIA CAMBIO VALUTE":
Sotto l'arcata della Loggia la guardia urbana G. Ellero, detto "Moschetòn".
Un paio di tabelle in tedesco segnalano che il Municipio è sede di uffici
del comando germanico. |
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La foto mostra il caffé Falomo,
privato della pensilina, vittima delle requisizioni di metalli che
imperverserò per tutto l'anno
dell'occupazione. Il locale, in un primo tempo sede dei servizi economici
del comando tedesco, diventò, dal 25 maggio 1918,
"OFFIZIERSKAFFEEHAUS", cioè ritrovo esclusivo di ufficiali austriaci e
famiglie.
Va detto che gli
austriaci, a differenza dei tedeschi, furono seguiti da uno stuolo "di
dame e damine" - così le definì Fantoni -
che allietarono la loro vita sociale. Le varie "Frau e Fraulein" al
seguito degli alleati austriaci erano chiamate dai rigorosi tedeschi "Feldmatratzen",
"materassi da campo". A tale categoria non sembra però appartenere la
giovane qui ritratta
accanto al soldato austriaco. |
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L'albergo Stella
D'Oro in via Cavour nei primi anni del '900
(foto tratta dal libro Osterie a cura di Cesare Sabidussi) |
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La guerra è finita e in paese si
festeggiano il 12 giugno 1921 le nuove campane e il ritorno delle poche
superstiti tra quelle requisite dagli invasori nel corso della campagna,
iniziata nel gennaio del 1918, per
l'ammassamento di tutti i metalli reperibili in paese e in modo
particolare del bronzo delle campane,
dello stagno degli organi e del piombo della copertura del Duomo.
Tra le campane
sottratte - contro l'impegno assunto dagli invasori a non requisire le
antiche e di pregio artistico -
fu quella detta "di Dante", del 1423, che i tedeschi, non essndo riusciti
a issarla su un camion, si affannarono a trascinare
fino al deposito di Piovega. Disavventura della quale essa reca ancor oggi
la ferita. |
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I caduti gemonesi nella prima guerra
mondiale furono quasi trecento (il monumento posto di fronte al cimitero
ne riporta 290). Dell'erezione di un monumento ai caduti, da collocare in
piazza Vittorio Emanuele II (ora piazza Municipio),
si iniziò a discutere a Gemona fin dal 1919. Indetto il 18 settembre 1920
un concorso aperto ai soli friulani, vi parteciparono
una ventina di artisti. Su tutti prevalse lo scultore Aurelio
Mistruzzi, che abbozzò una madre che accompagna il
figlioletto all'ara degli eroi.
Si segnalarono
come meritevoli di approvazione anche i bozzetti di due scultori gemonesi,
padre e figlio,
Giuseppe e Luigi Pischiutti. La lavorazione del basamento di pietra si
dovette ai marmisti gemonesi
Giuseppe Elia e Albino Tuti e la costruzione venne diretta dall'ingegnere
Enrico Pittini.
L'inaugurazione si tenne il 18 giugno 1922
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